Erdoğan e l’offensiva contro le opposizioni interne: la minoranza curda tra Turchia e Siria
Il Presidente della Turchia Recep Tayyip Erdoğan ha avviato l’iter per estromettere dal Parlamento il Partito Democratico dei Popoli (HDP). La notizia arriva in seguito alla crescita dell’HDP che dal 2015, sino ad oggi, ha visto l’espandersi della coalizione formata dai partiti legati alla minoranza curda e alle forze di sinistra e in seguito all’instaurazione di un autogoverno curdo a Rojava.
Accusati di “turbare e distruggere l’integrità indivisibile dello Stato”, in conclusione, a ben 600 esponenti del partito è stato vietato di proseguire la loro attività politica. In altre parole, Erdoğan ha chiesto la chiusura del Partito che rappresenta 6 milioni di elettori perché d’intralcio alla sua svolta autoritaria.
Serafina Di Lascio
La questione curda in Turchia: la lotta contro il regime di Erdoğan per l’indipendenza. La condanna dell’Europa
Se a distanza di dieci anni il mondo sembra essersi intiepidito nei confronti della lunga battaglia di rivolte civili che si stanno tenendo in Siria nei confronti dell’autoritario presidente Bashar al-Assad, concedendo alla situazione siriana un’attenzione sempre più intermittente dell’agenda politica internazionale, ben peggiore è il grado di attenzione rivolta a una questione ancora più profonda. In quella porzione di territorio nel Medio Oriente che noi chiamiamo Kurdistan, nella stretta morsa tra Turchia e Siria, c’è una popolazione che da secoli ha combattuto e combatte su più fronti per la sua libertà e indipendenza: i curdi.
Tra queste l’eterno scontro con la Repubblica Turca del presidente Recep Tayyip Erdoğan, il quale ha sempre riconosciuto la questione curda come una delle minacce più gravi per il benessere della sua nazione, arrivando a definire il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) una vera e propria organizzazione terroristica, rendendola di fatto fuorilegge.
Dopo la tensione e degli scontri verificatesi nell’autunno del 2019 a seguito dell’operazione militare “Fonte di pace” di Erdoğan contro le forze Democratiche Siriane (SDF), ad agitare nuovamente la già torbide acque in Medio Oriente è stato un ulteriore tentativo da parte della Turchia di delegittimare la questione curda.
Accusando il Partito Democratico dei Popoli (HDP) di collaborare politicamente e militarmente con il PKK, Ankara ha privato il deputato dell’HDP Omer Faruk Gergerlioglu del suo seggio dell’immunità parlamentare, chiedendo lo scioglimento dello stesso partito in sede di Corte Costituzionale.
Un Europa dalla presenza evanescente, la quale si è pronunciata “profondamente preoccupat per i continui attacchi e le continue pressioni sui partiti dell’opposizione, in particolare per i continui attacchi specifici e politicamente motivati contro l’HDP e le sue organizzazioni giovanili da parte delle autorità turche, che compromettono il corretto funzionamento del sistema democratico, e invita le autorità turche a porre immediatamente fine alla repressione nei loro confronti”, secondo quanto si legge da una proposta di risoluzione comune emanata dal Parlamento Europeo dello scorso 20 gennaio.
A sottolineare la gravità del fatto, tra fila di Bruxelles, l’Alto Rappresentante Ue per la politica estera Josep Borrell e il Commissario europeo per la politica di vicinato e l’allargamento Oliver Varhelyi che hanno dichiarato come “in qualità di Paese candidato all’Ue e membro del Consiglio d’Europa, la Turchia deve urgentemente rispettare i suoi obblighi democratici fondamentali, compreso il rispetto per la democrazia, i diritti umani e lo stato di diritto”.
Un accordo cui la Turchia sembri non voler adempiere, dopo la recente notizia della decisione del presidente Erdoğan di voler ritirare il paese dalla Convenzione di Instanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, che ha visto proliferare in molte città turche numerose proteste contro la decisione del governo.
Un
ulteriore attacco all’autodeterminazione del popolo curdo e dei diritti
fondamentali delle persone da parte di Ankara sui cui l’Europa non può più
peccare di omertà.
Daniele Valentino