Quella di oggi potrebbe divenire una data simbolo per l’editoria. Dal primo luglio 2015 Amazon inizia a pagare i diritti sugli ebook Kindle Unlimited (libri a noleggio) e Kindle Owners’ Lending Library (quelli in prestito ai clienti Prime) in base al numero di pagine lette. Più pagine il lettore sfoglia, più l’autore incassa. Una rivoluzione. Almeno sulla carta. E potenzialmente un cambio di passo in termini di scrittura: più attenta all’audience quella dei libri elettronici, meno incentivata a indurre a girar pagina quella destinata alla stampa. È un po’ come il passaggio dall’“indice di gradimento” all’Auditel.
UNA “VECCHIA” IDEA. L’idea di Amazon, però, non è nuova. È già stata applicata agli ebook a noleggio. Anzi, in streaming: quasi una Spotify della scrittura. La newyorkese Oyster, ad esempio, paga quanto più spesso un ebook viene letto. 24Symbols, sito in italiano e team spagnolo, versa all’editore il costo del libro se un utente legge più del 10 per cento delle pagine. E poi c’è la start up torinese Bookolico, che utilizza il pay per view. «Contiamo tutte le view che i lettori realizzano sui tuoi libri – scrivono sul loro sito – e ti paghiamo trimestralmente ogni singola view. Una view corrisponde a 5400 caratteri (circa 3-4 cartelle editoriali)». Il messaggio è per gli editori, il self publisher ne sono esclusi. Per Amazon, invece, sembra siano proprio solo questi i beneficiari del nuovo programma di remunerazione.
L’IMPATTO DEI GRANDI NUMERI. Se non è una novità, dove sta allora la (virtuale) portata rivoluzionaria dell’iniziativa su Kindle? Innanzitutto nei numeri. Nel 2014, secondo Forbes, Amazon deteneva il 65 per cento del mercato del libro elettronico nell’immenso mercato statunitense. La Commissione europea, poi, tiene d’occhio il gigante di Jeff Bezos perché le condizioni contrattuali imposte e la particolare forza sul mercato dell’azienda potrebbero alterare la concorrenza nell’editoria elettronica nel Vecchio Continente. Insomma, l’impatto del pagamento “a pagine viste”, grazie alle grandi vendite di Amazon, potrebbe produrre effetti epocali, nonostante sia riservato alla nicchia di chi si autoproduce (non è chiaro se sia esteso a tutti gli editori) e a quella di coloro che gli ebook non li comprano, ma li noleggiano.
SCRIVERE PER L’AUDIENCE. «Se cambi le metriche – ha annotato il saggista Giuseppe Granieri – cambi il modo di scrivere. Se le metriche spostano il valore dal numero di pagine alla qualità della pagina, tenderemo a dare maggior valore a ogni pagina che scriviamo». Il paragone con quel che è stato il feuilletton ottocentesco viene istintivo. «Semplicemente si torna all’antico – ha osservato il docente universitario Roberto Maragliano – a un antico dimenticato dall’intellettuale nostrano. Quando, cioè, nella fase montante dell’industrializzazione delle pratiche narrative, si scriveva perché il pubblico leggesse e comprasse, fascicolo dopo fascicolo. Lo facevano Dumas e Manzoni». Tradotto nel linguaggio contemporaneo dell’editoria dei bestseller i Follett, Crichton o King in erba che fanno self publishing – se ne esistono di così bravi – hanno la possibilità di mettersi in evidenza. Guadagnandoci. Certo, il timore che la penna divenga schiava dell’audience è fondato: testi brevi, spezzatino di romanzi lunghi, magari tutti puntati al consumo e con un bel cliffhanger. È già accaduto altrove. Ma ci sono serie tv che rispondono a canoni narrativi simili e sono piccoli capolavori.
L’EBOOK SI SEPARA DAL LIBRO? Gli scenari, oltre a questo, sembrano però poter essere ancor più ricchi di variabili. Uno di questi è quello della separazione all’interno della categoria libro dell’artefatto culturale “ebook” dal “libro a stampa”. Il formato di quest’ultimo incide già sul contenuto: mettere sul banco di una libreria un volumetto di poche pagine è ben diverso dal farlo con quello costituito da un congruo numero di fogli. Anche la copertina è cosa diversa, se deve apparire su uno scaffale o in un bookstore online. L’ebook, poi, già ora consente di rendere pubbliche le parti più frequentemente sottolineate, incidendo sull’attenzione e l’interazione del lettore che si imbatte in esse. Tempo e attenzione del lettore, con il pay per view a favore dell’autore, divengono “valore”. Il fatto che sia possibile, inoltre, per chi gestisce le piattaforme di “streaming librario” conoscere numero di pagine e, magari, tempo di lettura apre prospettive interessanti, o inquietanti (se si preferisce), di feedback, di integrazione con il social reading e di profilazione di chi legge. Cose impossibili per il libro di carta. Ma questo è un altro capitolo.