Il 22 marzo 2021, il Consiglio dell’Ue ha imposto una serie di misure restrittive nei confronti di un elenco di 11 persone responsabili del colpo di Stato in Myanmar del 1° febbraio e della successiva repressione militare e di polizia contro manifestanti pacifici.

Quel giorno, il Tatmadaw (l’esercito birmano) ha dichiarato lo stato di emergenza, giustificato con la necessità di preservare la stabilità dello Stato. Di conseguenza, ci sono state manifestazioni pacifiche nel paese, che però sono state represse duramente dalla polizia, colpevole dell’uccisione di oltre 600 civili. Ad ogni modo, l’Ue vuole far sì che le misure restrittive non abbiano conseguenze negative sulla popolazione e rimane ferma sostenitrice della transizione democratica del paese.

Le misure – indicate nel comunicato stampa del Consiglio dell’Ue del 22 marzo – prevedono: il divieto di viaggio, che impedisce alle persone inserite nell’elenco di entrare o transitare nel territorio dell’Ue, e il congelamento dei beni che tali persone posseggono nell’Ue. Inoltre, è fatto divieto ai cittadini e alle imprese dell’Ue di mettere fondi a disposizione delle persone inserite nell’elenco, di cui fanno parte 10 ufficiali del più alto rango del Tatmadaw, tra cui il comandante in capo Min Aung Hlaing, e il nuovo presidente della commissione elettorale del Myanmar per aver annullato i risultati delle elezioni birmane del 2020.

I nuovi provvedimenti si aggiungono a quelli già adottati in precedenza: un embargo sulle armi e sulle attrezzature, un embargo all’esportazione di beni a duplice uso destinati ai militari e alla polizia di frontiera, restrizioni all’esportazione di attrezzature per il monitoraggio delle comunicazioni e un divieto concernente la fornitura di addestramento militare al Tatmadaw. Nell’adottare queste misure, il Consiglio dell’Ue ha agito ai sensi del regolamento Ue 2020/1998, approvato nel 2020 con l’obiettivo di allargare l’ambito delle sanzioni a livello mondiale, tra cui il divieto di mettere risorse economiche a disposizione di persone ed organismi responsabili o sostenitori di gravi violazioni o abusi dei diritti umani.

Nel resto del mondo, sono state espresse diverse preoccupazioni per l’evoluzione del colpo di Stato. Il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha proposto una risoluzione per il ripristino della democrazia in Myanmar. Tuttavia, Cina e Russia – membri permanenti del Consiglio aventi potere di veto – non hanno appoggiato la dichiarazione, che quindi non è stata rilasciata. In particolare, il Ministro russo degli Esteri ha dichiarato: “L’evoluzione verso minacce e pressioni, compreso l’utilizzo di sanzioni contro le attuali autorità, è futile ed estremamente pericolosa”.

Il 10 aprile, Agenzia Nova ha riportato che, a Bago, in Myanmar, altri 20 manifestanti sono rimasti uccisi dalle forze di sicurezza, dove i militari avrebbero usato granate contro la folla. Pertanto, lo stato di emergenza prosegue ininterrotto e i diritti dei cittadini continuano ad essere violati.

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