Le città sono sempre più abitate da persone che vivono il dramma della sofferenza e dell’emarginazione, condizioni dovute a forme gravi di disagio e povertà. Individuare le principali emergenze sociali della Capitale è stato l’obiettivo del nuovo Rapporto della Caritas di Roma dal titolo “La povertà a Roma: un punto di vista”, presentato l’11 novembre nel corso dell’assemblea di inizio anno dei volontari della Caritas di Roma e delle parrocchie presso la Pontificia Università Lateranense.

Attraverso dati e testimonianze, il volume indaga in particolare cinque dimensioni, che danno il loro nome ai capitoli, utili a contestualizzare e interpretare correttamente il fenomeno sul territorio: “Povertà socio-economica”; “Integrazione”; “Salute, dipendenze, disabilità”; “Educazione e cittadinanza”; una rilevazione conclusiva sui Centri di ascolto della Caritas. Oltre ai dati, necessari a dare conto della realtà e della complessità degli aspetti analizzati di volta in volta, il merito del Rapporto è quello di inserire a conclusione di ogni capitolo non solo quanto già stato fatto per tentare di dare una risposta ai cittadini, ma anche proposte volte a suscitare nuove riflessioni e produrre azioni più incisive.

L’analisi della povertà socio-economica prende in considerazione aspetti quali le diseguaglianze, l’occupazione e il problema abitativo. In particolare lo studio rileva un aumento delle situazioni di disagio che riguarda non solo le periferie, ma anche il centro della città, non solo la povertà più tradizionale e visibile, come quella dei senza dimora, ma anche tanti nuovi poveri che pagano un affitto, che lavorano o hanno lavorato e che, tuttavia, non hanno di che vivere. La povertà è presente a vari livelli e coinvolge famiglie, ma anche giovani e anziani. Per quanto riguarda il tema dell’occupazione, in dieci anni il tasso di disoccupazione a Roma è passato da 7,2 % al 9,8 %. Nei cantieri e nell’edilizia la crisi ha cancellato 35.000 posti di lavoro regolari e si stimano 308mila lavoratori irregolari nel terziario. Ad essere più penalizzati dalla crisi i giovani, da un lato la disoccupazione giovanile si attesta al 40,2% (15-24 anni), dall’altro i Neet (not engaged in education, employment or training), quei giovani che non hanno un percorso lavorativo e formativo attivo, costituiscono il 22,5% dei giovani tra i 15-29 anni. Infine l’emergenza casa attuale è il risultato di due fattori: da un lato lo svantaggio economico da parte di molte persone in rapporto al costo dell’alloggio, dall’altro l’assenza di una rete di protezione e servizi di welfare a favore delle fasce più deboli. Il problema abitativo a Roma coinvolge circa 30mila famiglie per ragioni che variano dalle richieste di alloggio popolare, agli sfratti, alle occupazioni abusive, fino a configurarsi come una vera e propria “insicurezza abitativa strutturale”. Sono oltre 130.000 gli alloggi sfitti e la quota di quelli in affitto sociale è il 4,3 % a fronte di media europea del 13,7%.

Per far fronte a queste difficoltà sono attive diverse iniziative sul territorio, mentre tante altre proposte devono trovare applicazione: progetti sperimentali di accoglienza e un potenziamento del Sistema di accoglienza diffuso e differenziato a seconda dei bisogni dell’utenza garantirebbero una maggiore dimensione di cura e accompagnamento sociale.

Sui temi dell’immigrazione e dell’integrazione gli italiani risultano i più disinformati in Europa. Il Rapporto sottolinea come gli italiani siano non solo convinti che il numero degli stranieri residenti sia il 30% della popolazione complessiva (invece sono l’8,3%), ma anche che l’Italia sia la meta dei migranti in Europa (l’Italia registra 138 richieste d’asilo ogni 100.000 abitanti, la media europea è 260 ogni 100.000 abitanti) e che incidano sulla spesa pubblica (contribuiscono al 2% della spesa pubblica e all’8,6 % del PIL nazionale). Nella provincia di Roma l’incidenza della popolazione straniera residente è pari al 12,5 %, mentre nel Comune di Roma è pari al 13,1% (il 44,3 % è costituito da stranieri europei). I richiedenti asilo ospitati nel territorio provinciale di Roma sono 4.063, mentre delicata resta la situazione dei minori non accompagnati, 12.478 a fine luglio 2017, molti dei quali attratti da Roma probabilmente per la presenza di numerose comunità straniere e per la presunta offerta di maggiori opportunità. Le criticità registrate dal sistema di accoglienza e dalle sue strutture (SPRAR, CAS) sono dovute soprattutto a una diminuzione dei posti nei grandi centri, situazione che comporta in molti casi l’allontanamento volontario di quanti vengono accolti e che favorisce rischi di cooptazione nella criminalità, nella prostituzione, nel traffico di organi. In questa direzione una riduzione delle dimensioni dei centri e una loro diversificazione potrebbero evitare questo pericolo, garantendo la sicurezza e una maggiore inclusione dei migranti.  Contrariamente a quanto si pensi però la percentuale di detenuti stranieri a Roma è pari al 41,5% a fronte di un 58,5% di italiani. Questo dato, apparentemente alto, è dovuto a una serie di fattori – spiega il Rapporto – tra cui la bassa quota di stranieri che può usufruire di misure alternative alla detenzione (domiciliari, libertà vigilata, etc.).

Un diverso approccio alla pluralità di culture potrebbe fungere da stimolo a efficaci forme d’integrazione, lasciando spazio all’interculturalità come paradigma politico ed educativo che punti a comporre le diversità delle persone, senza marcarne le disuguaglianze.

All’interno del volume, un capitolo è dedicato anche ai temi “Salute, dipendenze, disabilità”. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che le famiglie in povertà sono maggiormente esposte al rischio di disturbi mentali. Nel Lazio, in particolare, sono 68.217 le persone affette da disturbo mentale trattate nel servizio sanitario pubblico. Ma i numerosi tagli al Servizio Sanitario Nazionale hanno indotto molte persone in difficoltà economiche a rinunciare alle cure psichiatriche, marcando una situazione di squilibrio tra la crescita di una domanda di cura in tal senso e un’offerta sempre minore e disomogenea.  L’utilizzo di stupefacenti, l’abuso di alcol e il diffondersi del GAP, il Gioco d’Azzardo Patologico, rappresentano invece tre tipi di dipendenze tra le più diffuse nella Capitale. All’inizio del 2017 risultano presi in carico a Roma dalle strutture pubbliche 6.785 utenti per uso di stupefacenti e quasi mille per l’alcol. Tuttavia è soprattutto il gioco d’azzardo a suscitare le preoccupazioni maggiori in Italia dove il fatturato ha superato i 96 miliardi di euro, 3 milioni di persone sono a rischio di ludopatia per frequenza di gioco e importo di denaro e ben 300mila sono patologici. Nel Lazio il gioco d’azzardo ha movimentato 7,8 miliardi di euro, coinvolgendo fasce di tutte le età: il profilo del giocatore prevalente è maschio, oltre i 40 anni, con titolo di studio medio-basso, ma quasi il 50% degli studenti tra i 14 e i 19 anni ha giocato d’azzardo almeno una volta nel corso dell’anno scolastico 2015-2016. In tema di disabilità, il Comune di Roma eroga complessivamente un buon servizio di Assistenza domiciliare diretta e indiretta che, a causa dei tagli, risente tuttavia di lunghe liste di attesa, mentre criticità presentano ancora l’accessibilità ai trasporti, al lavoro e al rinnovo annuale del piano terapeutico previsto per i farmaci cosiddetti “salvavita”.

La quinta e ultima dimensione presa in esame è quella dell’Educazione e cittadinanza, filo conduttore dell’intero volume e titolo esaustivo del legame esistente tra un’adeguata istruzione e l’esercizio maturo della cittadinanza. La diseguaglianza rispetto all’accesso all’educazione è determinata da diversi fattori, tra cui anche il confronto con le nuove culture, e nel territorio romano il capitale educativo si irradia da centro fino a diventare sempre più evanescente nelle periferie.

Il Rapporto si conclude con una rilevazione sugli utenti dei centri d’ascolto diocesani e parrocchiali della Caritas di Roma riguardanti 22 mila persone in situazioni di disagio. Lo studio ha rilevato come oltre il 45% degli utenti dei centri di ascolto Caritas siano italiani, siano essi appartenenti alla cosiddetta “vecchia povertà” o rientrino all’interno della categoria dei “nuovi poveri”. Il confronto con le fragilità del territorio, indagate a fondo dal volume, permette infatti non solo di riuscire a leggere e interpretare i numeri, ma di riuscire a capire, attraverso le persone, le dimensioni su cui la metropoli romana dovrà agire per avviare nuovi percorsi di inclusione sociale.

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