Il 9 maggio è ormai alle porte ed a 40 anni dal suo assassinio non possiamo esimerci dal ricordare uno dei più grandi statisti della storia della nostra nazione, Aldo Moro.

Tutti più o meno bene conosciamo la storia politica di Aldo Moro, la sua militanza nell’allora Democrazia Cristiana, ma ben poco ci è giunto del suo vissuto quotidiano, di quella che dalla stessa moglie Eleonora Chiavarelli è stata definita la sua vera vocazione, l’insegnamento universitario.

Rai Fiction, in collaborazione con Aurora Tv, è riuscita in questa missione, attraverso la realizzazione di una docufiction dal titolo “Aldo Moro. Il Professore”, presentata in anteprima nell’Aula Magna della Sapienza venerdì 4 maggio, in attesa della prima visione Rai la sera dell’8 maggio.

Un lavoro che, grazie alla sapiente regia di Francesco Miccichè e ad un cast eccezionale, con Sergio Castellitto nel ruolo di protagonista, è riuscito a restituirci un’immagine fedele di un altro lato della personalità di Aldo Moro, quella del professore in grado di suscitare interesse, ammirazione e affetto nei suoi studenti (nella fiction, Andrea Arcangeli, Sara Cardinaletti, Valentina Romani e Filippo Tirabassi formano due coppie di giovani attorno ai quali ruota il percorso narrativo della pellicola).

Laureatosi in Giurisprudenza all’Università di Bari, Aldo Moro nei primi anni Cinquanta divenne Professore Ordinario di Diritto penale presso la stessa Università. Nel 1963 ottenne il trasferimento all’Università La Sapienza di Roma, in qualità di titolare della cattedra di Istituzioni di Diritto e Procedura penale presso la Facoltà di Scienze Politiche.

L’immagine che emerge dalla docu-fiction, e dal libro omonimo dell’allievo di Moro, Giorgio Balzoni che dà il là alla pellicola, è quella di un professore amorevole, garbato, paziente, attento alle aspirazioni e ai problemi di ogni singolo allievo, capace di lasciare il segno nelle loro vite. Oreste Leonardi, maresciallo dei Carabinieri che lo seguiva come un’ombra dall’inizio degli anni Sessanta, in una sua testimonianza afferma addirittura che se qualche studente si assentava dalle lezioni, per problemi di salute o personali, Moro andava a trovarlo in ospedale, o a casa. Era solito trattenersi con i propri studenti anche per un paio d’ore dopo il normale svolgimento delle lezioni, invitava i ragazzi ad andarlo a trovare in casa e festeggiava con loro il termine delle lezioni.

Il 16 marzo 1978 aveva invitato alcuni suoi allievi ad assistere al discorso d’insediamento del governo Andreotti, ma solo una volta giunti davanti il portone di Montecitorio ai ragazzi venne data la notizia del rapimento del loro docente e dell’assassinio dei 5 uomini della scorta. In quella stessa giornata, all’interno della Fiat 130 blu su cui viaggiava, vennero ritrovate alcune tesi macchiate di sangue che i propri allievi dovevano discutere nella sessione di laurea che si sarebbe tenuta da lì a breve.

Un percorso professionale che per forza di cose ha dovuto fare i conti con la sua storia politica e personale. Moro non dimenticò i propri studenti nemmeno durante il periodo della sua prigionia. In una lettera, rinvenuta solo il 9 ottobre del 1990 nel covo brigatista di via Monte Nevoso a Milano, il Presidente sollecitò la moglie a chiamare Fortuna affinché portasse “il suo saluto affettuoso agli studenti e il rammarico di non poter andare oltre nel corso”.

L’enorme applauso che l’Aula Magna della Sapienza, gremita di studenti universitari e dei licei romani, ai quali si univano altri studenti collegati in diretta dalle diverse sedi Rai sul territorio, ha tributato al regista e all’intero cast al termine dell’anteprima, assume allora il senso di una restituzione di una parte dell’interesse, dell’ammirazione e dell’affetto che una figura come Moro il Professore ispira nei giovani di ieri e di oggi.

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